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Un Inizio. Un rituale


In India il rituale è parte intrinseca della cultura, della vita di tutti i giorni. Si la pratica per celebrare una nascita, un matrimonio, l'apertura di un negozio o una dita, l'inizio degli studi, anche la morte. Presente in tutti i cicli della vita, questi rituali si svolgono nei templi oppure a casa dove ogni uno ha il suo tempio, ma anche in strada, qualsiasi posto è propizio per accogliere il divino. Si prega, si ringrazia tutto quello che accade, perché se cosi succede ci sarà un motivo. Il rituale è una forma d'amore per qualcosa superiore ma che allo stesso tempo forma parte di tutti noi.


“A causa della concordanza che esiste tra il macrocosmo e il microcosmo, tutti i riti hanno un efetto simultaneo sulle energie che governano le funzioni del corpo umano e quelle che governano le funzioni dell'universo che noi chiamaiamo dèi. Oltre al loro Effetto propiziatorio sugli esseri sottili, i riti hanno pure un effetto fisico e psicologico. Queste due funzioni del culto sono inseparabili. I riti sono un'arte magica tramite la quale, con l'aiuto di suoni, forme, ritmi, gesti, fiori, luci, incienso e offerte, la mente di colui che li pratica è portata lontana dalle preocupazioni materiali verso un mondo di divina bellezza, mentre la divinità venerata, anch'essa incantata, è avvicinata all'uomo. I due tipi di rito esterno sono i culti individuali (Pūjā) e i sacrifici rituali (yajna).”*




La Pūjā (anche scritto come la sua fonetica pooja – in Devanagari: पूजा) viene dal sanscrito e significa riverenza, onore, omaggio, adorazione. È uno dei tanti modi di venerare l'energia cosmica e le sue rappresentazioni, risvegliando energie interiori ed esterne, chiedendo a questa energia divina la sua guida.

Avevo assistito a una lezione e parlato con la guru Srimayi Vempati, mi era stato chiesto di andare a scuola portando fiori, frutta, incensi e cocco. Tutti questi elementi che si utilizzano nel rituale si possono comprare nei banchetti di strada. Era il 2012 nel giorno del mio compleanno, il rituale cominciai in quella stanza dove appesi si trovavano i quadri di grandi insegnanti che avevano studiato lì, nella Kuchipudi Art Academy. Si respirava l'essenza e la devozione per quest'arte millenaria. Quando le preghiere pronunciate da Srimayi Akka erano finite, donando i fiori e rompendo il cocco si dava inizio al mio soggiorno di studio a Chennai.














L'altro rituale è stato a Rishikesh, lo scorso dicembre, in quella sala immensa tutti vestiti di bianco ascoltavamo i mantra pronunciati dal sacerdote e gli insegnanti. In un momento il sacerdote camminava e davanti a ogni uno spargeva l'acqua che prima era stata consacrata davanti alla divinità. Le canzoni e le lodi risuonavano, uno alla volta siamo andati di fronte alla divinità (Ganesha) è abbiamo eseguito l'ārtī, una parte del rituale in cui la luce viene offerta alla Divinità. Facendo ondeggiare il vassoio che conteneva le candele abbiamo rivolto alla divinità lo spirito di umiltà amore, devozione e gratitudine. L'ārtī simbolizza la percezione della coscienza che pervade l'elemento fuoco. Questo far circolare in senso orario rappresenta le nostre attività quotidiane, che ruotano intorno a Dio, il centro della nostra vita, e ci ricorda come tutte le attività quotidiane sono in secondo piano. Nel punto tra le sopracciglia dove si trova ajna il sacerdote ci applicava una pasta di colore rosso (il kumkum). Alla fine del rituale il maestro legava nei polsi di ogni allievo un filo. Questo filo di cotone rosso con piccole parti di giallo serve a invocare protezione divina, è chiamato Mauli/Mouli Kalava o Charadu (in sanscrito कलावा). Il rosso rappresenta Marte il giallo Giove, il cotone la Luna e parte del Sole.






























La Pūjā aveva vari accessori, questi hanno in se i cinque elementi: spazio (akash)- Vento (vayu)- Fuoco (agni)- Acqua (jal) -

Terra (prithvi)






“L'acqua simbolicamente rappresenta la purificazione, è l'elemento che fa parte di tutto ciò che vive. L'incenso, rappresenta la percezione della coscienza con prevalenza dell'elemento acqua, allo stesso tempo è legata al senso dell'olfatto connesso all'elemento terra. I fiori, sono la percezione della coscienza con prevalenza dell'elemento etere. La offerta di cibo assicura la continuità della vita, rappresenta l'immortalità. Il riso rappresenta la percezione dell'esistenza-coscienza-esperienza presente in ogni cosa. Le lodi, rappresentano il ritorno delle parole al principio del Verbo (AUM) Le prostrazioni simboleggiano la dissoluzione di ogni pensiero nel principio universale”*




Con tutti gli accessori del culto la Pūjā ci dava il benvenuto. Un rituale come un modo per augurare benedizione, per celebrare spiritualmente e per preparare il praticante al cammino della devozione che queste discipline richiedono. Oltre al simbolo che racchiude in se il rituale esiste l'esperienza profonda che ogni essere vive nel momento di realizzarlo.

È un momento dove la porta dell'ascolto profondo si apre e se ascoltiamo ci arrivano dei messaggi, magari non subito, ma arrivano. Nella Pūjā nella Kuchipudi Art Academy Shiva mi diceva che avrei imparato a essere il mio proprio maestro. A Rishikesh Ganesha mi ricordava che il divino è in noi. Il paradiso lo portiamo dentro.




*Bibliografia Alain Danièlou


Testo e Immagini: Vanesa Vera Vernhet Vanashree

Immagini dei miei viaggi in India.



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